martedì 28 febbraio 2006

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NOTTURNO

I.
Nera barriera divieto al sonno
transita nelle orde di acque

impetuose e dense

Scivola il perone e la rotula scintilla

forza il ritmo e scalda l’argine del fiume

La piena rompe il bordo vòlano i gesti

la parola tace.

Un ultimo grido
dentro al mio pugno chiuso


II.
Giallo nel verde
verde nel blu della notte
fiori nei calici
calici nel tabernacolo
primula fiore reciso

corolla afrore pistillo
respira piccolo boccio
nascondi la luce
il giallo invidia
il verde disperde

III.
Pensiero cammina
dentro rughe

linee di fantasmi notturni

privi di vestito e forma

spesso in catene
sempre nel cigolìo
di sogni accarezzati

caveau di incontri disattesi

giochi di stelle baratri di mente
crepita e fugge

quando l'alba muore.


(il dipinto è di Giorgio Conte)

lunedì 20 febbraio 2006

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Giovanna Sicari,
"Porte d'aria", da "Epoca Immobile", Ed Jaca Book,


La mia posta d’aria è un sole

che brucia: fin dal mattino
sono arrivate le piogge, le lettere,
la posta è sospesa, da questa strada
in bilico aspetta: nasceranno erbe,
cresceranno salici, quale processo si farà,
quale prezzo questi fogli, dove
quel piacere senza desiderio, solo
limpido, solo aria. Cerca la giusta
qualità: non è portentosa la formula
il nostro pane spento come sasso
come sasso, come sesso la bimba
la bimba, la mia bimba spiritosa
che cantava e ballava e sorrideva
a ogni comparsa fresco fresco ogni
filo d’erba. Ora da dove iniziare,
come camminare, fratelli miei
fratelli dolci, fratelli miei gagliardi
stendardi, muraglia, pallini, monili
merletti, superflui monili:
avete amore per me? Mai divisi
mai legarsi invano
chi di voi verserà gocce sulle ferite,
così che si possa guarire, guarire…
All’hotel c’erano tutti, sotto il cielo di pura fiandra
– Le foglie rosse, la campagna, noi due
presi solo dalla memoria con la certezza della corsa
e della fede misteriosa –. Com’era cara quella neve scesa
non so perché sul Gianicolo, gialla quella passione
che spuntava col gallo e con le aiuole
la neve benedetta bruciava come il sole
come un razzo scendeva dalle nostre nuvole ammantate
e sfrondava di celestino e sfrondava tutta la tenera vita.

mercoledì 15 febbraio 2006



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Gimino .Veltri "riverbero"


"Vorrei essere analfabeta
Per non decifrare il vissuto


Per non cogliere echi malati

D'un cimitero di coscienze.


Miti chiusi al culto

Mi vivono

Nel sereno correre dei venti

Nel suburbio d'una notte.


Ho nel sonno croci da portare

E fitte nel cuore

A più sublimi spasimi.


Mi vince voce d'uragano

In povertà di gridi.


Se potessi parlottare col mistero....


Sarebbe osmosi edenica
Mi sentirei mistico
Tatuato a bivio di leggende.


Mi cercherei un umile giaciglio
Ai piedi del proibito

Per leggere in vortici di baratri
Il nostro significato.

Fisserei lo sguardo

Più in là del miope vegetare


Per rapire all'infinito

Arcobaleni d'avvenire.


Aldilà dei dedalici frastagli

Oltre il fluire del caduco

Potrei, forse, specchiarmi
Nella luce d'una stella..
."


La foto è di steigman "blown away"