lunedì 20 febbraio 2006

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Giovanna Sicari,
"Porte d'aria", da "Epoca Immobile", Ed Jaca Book,


La mia posta d’aria è un sole

che brucia: fin dal mattino
sono arrivate le piogge, le lettere,
la posta è sospesa, da questa strada
in bilico aspetta: nasceranno erbe,
cresceranno salici, quale processo si farà,
quale prezzo questi fogli, dove
quel piacere senza desiderio, solo
limpido, solo aria. Cerca la giusta
qualità: non è portentosa la formula
il nostro pane spento come sasso
come sasso, come sesso la bimba
la bimba, la mia bimba spiritosa
che cantava e ballava e sorrideva
a ogni comparsa fresco fresco ogni
filo d’erba. Ora da dove iniziare,
come camminare, fratelli miei
fratelli dolci, fratelli miei gagliardi
stendardi, muraglia, pallini, monili
merletti, superflui monili:
avete amore per me? Mai divisi
mai legarsi invano
chi di voi verserà gocce sulle ferite,
così che si possa guarire, guarire…
All’hotel c’erano tutti, sotto il cielo di pura fiandra
– Le foglie rosse, la campagna, noi due
presi solo dalla memoria con la certezza della corsa
e della fede misteriosa –. Com’era cara quella neve scesa
non so perché sul Gianicolo, gialla quella passione
che spuntava col gallo e con le aiuole
la neve benedetta bruciava come il sole
come un razzo scendeva dalle nostre nuvole ammantate
e sfrondava di celestino e sfrondava tutta la tenera vita.

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