OCTAVIO PAZ, "Il quadro è un corpo"
Con uno straccio e un coltello
contro l'idea fissa
contro il toro della paura
contro la tela contro il vuoto
lo zampillo
fiamma azzurra del cobalto
ambra bruciata
verdi appena usciti dal mare
indaci riflessivi
Con uno straccio e un coltello
senza pennelli
con l'insonnia la rabbia il sole
contro il volto bianco del mondo
lo zampillo
ondulazione serpentina
acquatica vibrazione dello spazio
il triangolo l'arcano
la freccia conficcata nell'altare nero
gli alfabeti collerici
la goccia d'inchiostro di sangue di miele
Con uno straccio e un coltello
lo zampillo
il rosso messicano scatta
e diventa nero
il rosso d'India scatta
e diventa nero
le labbra anneriscono
nero di Kalì
il giallo e le sue belve arse
l'ocra e i suoi tamburi sotteranei
il corpo verde della selva nera
il corpo azzurro di Kalì
il sesso della Guadalupe
Con uno straccio e un coltello
contro il triangolo
scoppia l'occhio
zampillo di segni
avanza l'ondulazione serpentina
marea di imminenti apparizioni
Il quadro è un corpo
avvolto dal suo enigma nudo.
(***) Il dipinto, "Eloquenza dei corpi", è di Carlo Adelio Galimberti
John Donne: Il sogno
***Per nessun altro, amore, avrei spezzato
questo beato sogno.Buon tema per la ragione,
troppo forte per la fantasia.Sei stata saggia a svegliarmi. E tuttaviatu non spezzi il mio sogno, lo prolunghi.Tu così vera che pensarti bastaper fare veri i sogni e storia le favole.Entra tra queste braccia. Se ti sembròpiù giusto per me non sognare tutto il sogno,ora viviamo il resto.Come un lampo o un bagliore di candela
i tuoi occhi, non già il rumore, mi destarono.
Così (poiché tu ami il vero)
io ti credetti sulle prime un angelo.
Ma quando vidi che mi vedevi in cuore,
che conoscevi i miei pensieri meglio di un angelo,
quando interpretasti il sogno, sapendo
che la troppa gioia mi avrebbe destato
e venisti, devo confessare
che sarebbe stato sacrilegio crederti altro da te.
Il venire, il restare ti rivelò: tu sola.
Ma ora che ti allontani
dubito che tu non sia più tu.
Debole quel amore di cui più forte è la paura,
e non è tutto spirito limpido e valoroso
se è misto di timore, di pudore, di onore.
Forse, come le torce
sono prima accese e poi spente, così tu fai con me.
Venisti per accendermi, vai per venire. E io
sognerò nuovamente
quella speranza, ma per non morire.
(traduzione di Cristina Campo)
*** Il dipinto, "Glorificazione", è di Salvatore Fiume
Irina Ratusinskaja
Abbiamo imparato, eh sì, a gettare il tempo nei barattoli
e abbiamo rimestato nella notte condensta di continuo.
Questo secolo si fa ancora più nero, il prossimo
non verrà presto
a spazzare via i nomi dai muri delle prigioni di ieri.
L'abbiamo allestito con tale cura, eppure noi
non siamo nella ciurma, nemmeno ci ammettono a bordo.
Ma coprendo il carico ben misurato con stuoiame grezzo
riusciamo tuttavia a spargere il seme.
Abbiamo le mani lacere ma ancora sappiamo togliere i
chiodi
anticarro dai raccolti, destinati a durare oltre di noi.
(trad. di D. Albeni)

Lorenzo Calogero, "Come in Dittici"
Quando da l'albatro strano ad una lucida
scintilla dei crepuscoli eri un'idea
non più vicina, non più t'ascolto.
Una fuga di uccelli eri chiara nel folto,
dí alberi una china, un esiguo
fiorito stormo di occhi nel volto.
Fievole una gioia lentamente inclina
al fiore del limone e pigramente
a una favola.
So. Non altro eri tu chiamata
che una corolla negli orti del tempo
nel tempo del tuo riposo. La fuggevole
aria abbraccia sul labbro tuo mutevole
lo spazio che non ebbe mai un colore
o lo distingue da esso o è lontano
da te o è curioso.
Guardi
la serena essenza senza fine
o è rotta la voce cupa del tuo tempo,
a sommo rivolta, esatta,
ratta veloce nel senso del tuo sonno.
Tacita una salsedine si risveglia
o esala una marea. Declina
una notte mite fredda
lucida e la tramontana poi.
Se le monotone cose vuoi
la morte come una sera negli occhi
ti è sorella carnosa e vicina.
Altri tempi
non puoi implorare.
Come i dittici
antichi autentici disgiunge
la tua gioia il calore
dell'ultima brina.
(Il dipinto è del pittore abruzzese L. Antognetti)
JOSE' HIERRO: Vorrei non odiare questa sera, da Alégria, 1947)
***
Vorrei non odiare questa sera,
non portare sulla mia fronte la nube oscura.
Questa sera vorrei avere occhi più chiari
per posarli sereni nella lontananza.
Dev'essere bellissimo poter dire:
"Credo nelle cose che esistono e in altre
che probabilmente non esistono,
in tutte le cose che possono salvarmi,
anche ignorando il loro nome;
conosco la frutta dorata che dona l'allegria."
Vorrei non odiare questa sera,
sentirmi leggero, essere fiume che canta,
essere vento che muove la spiga.
Guardo a ponente. S'abbuiano i lunghi percorsi
che vanno nella notte,
che donano la loro stanchezza alla notte, che entrano
nella notte a sognare nella sua grande menzogna.
(traduzione Alessio Brandolini)
*** il dipinto "Goya e la duchessa d'Alba" è di Salvatore Fiume
Ghiorgos Seferis "Scirocco" da "Leggenda"
°°°
"Le Sirocco naît dans le désert du Sahara, traverse tout le bassin méditerranéen, et continu son chemin vers la France. Parfois dans un dernier soubresaut, il prolonge l’impétuosité de ses fiévreux élans jusqu’en Angleterre. L’une des premières« grandes terres » qu’il rencontre dans son voyage est la Sicile." (Cedrìc Putaggio)
Finestre grandi. Tavoli grandida tanti mesi e che gettiamoStella dell'alba, quando abbassavi gli occhisopra la piaga, più liete dell'acqua frescaTenevi la nostra vita nella tua palma.se di notte ci fermiamo davanti a un muro biancoe nuovamente questo vento affilaCiascuno di noi scrive le stesse coseguardando per suo conto lo stesso mondoChi toglierà questa tristezza dal nostro cuore?pesa di nuovo il cielo coperto. I nostri pensieriammucchiati al portone di casa nostra e inutiliTra questi borghi decimaticoi monti davanti a noi che ti nascondono
°°° il dipinto "Scirocco" è di Beppe Aveni